Deserti. Silenziosi. Irriconoscibili. Svuotati della propria anima. Si sono (ri)presentati così gli stadi italiani dopo il lockdown, in quello strano gioco che tutti hanno fatto una fatica del diavolo a definire “calcio”, lo sport nazional-popolare per eccellenza. Cos’è questo “spettacolo” senza la sua gente? Domanda retorica - ché la risposta è semplicemente “nulla” alla base d’un incontro storico, andato in scena lo scorso sabato a Napoli, nella sontuosa location del Maschio Angioino. Lì, nella Sala dei Baroni, i delegati di 108 tifoserie italiane (espressione anche di altre discipline sportive come il basket) si sono seduti a un tavolo con rappresentanti di Governo e parlamentari. A loro hanno presentato un documento unitario in cui argomentano una proposta per riportare il pubblico al centro dello sport.

Al diavolo retorica, retroscenismi e secondi fini. "Questa è una battaglia comune, che ha unito le Curve da Nord a Sud del Paese. Ed è proprio per questo che sentiamo di poter arrivare a una svolta", spiega l’avvocato Emilio Coppola , tra i promotori d’una iniziativa che punta a salvare colore e calore degli stadi d’Italia. Una mission complessa e ambiziosa, a cui hanno dato il proprio contributo ben 32 tifoserie campane. Determinante il supporto dato dagli ultras del Direttivo Salerno della Curva Sud Siberiano, ma anche da Cava de’ Tirreni, città da sempre in prima linea nelle battaglie per il movimento, Pagani, Angri e Scafati (con i supporters sia del calcio che del basket). Una partecipazione massiccia, che lascia in soffitta ogni campanilismo o storica rivalità (basti pensare alla comune mobilitazione di Napoli, Brescia e Atalanta, tanto per andare alle radici d’antagonismi nati nella notte dei tempi) per chiedere alla politica - spiega l’avvocato Coppola - "di ridisegnare il sistema delle trasferte e soprattutto immaginare un settore dello stadio dove si possa fare il tifo tranquillamente, senza il timore d’essere multati o diffidati". Il Governo, rappresentato dal viceministro dell’Interno, Vito Crimi , e dal sottosegretario Carlo Sibilia , ha dato ampi segnali d’apertura e ha preso l’impegno di riconvocare quanto prima le parti che siglarono il protocollo del 2017, atto che avviava l’iter d’eliminazione della Tessera del Tifoso e riapriva le Curve a megafoni, tamburi e bandiere, strumenti che nulla hanno a che fare con la degenerazione nella violenza che lo Stato ha il dovere di combattere. Anche i parlamentari faranno la loro parte, in maniera trasversale, perché al tavolo del Maschio Angioino si passava dal leghista e atalantino Daniele Belotti al romanista di sinistra Paolo Cento . "La collaborazione e l’impegno di tante piazze importanti hanno già portato a un primo significativo risultato, con l’inizio d’un dialogo concreto. Al Governo - chiosa l’avvocato Coppola - non abbiamo chiesto di rientrare domattina in gradinata, anzi siamo ben consapevoli che l’emergenza sanitaria non sia superata e che la riapertura degli stadi sarà graduale. Il viceministro Crimi ha già anticipato che si ritornerà sugli spalti con capienza limitata, ma la nostra è una sfida per salvare il settore popolare, lo sport della gente, e va al di là del problema Covid, in cui pure il tifo italiano ha dato il meglio di sé, per la responsabilità avuta in occasione della ripresa dei campionati e per le gare di solidarietà fatte ovunque al fianco degli ospedali e delle persone più bisognose".

È stato l’impegno delle Curve non più al servizio d’una squadra, quella del cuore, bensì d’una comunità intera. Con la speranza un giorno di tornare ad animare gli spalti, soffrendo e palpitando senza l’obbligo di restar seduti ai posti assegnati. Quello accade al cinema, e un film può esser visto anche in una sala semi-vuota. Il calcio, invece, nonostante improbabili tentativi tecnologici, in uno stadio deserto non ha appeal né senso, come insegna un’estate di pallone tra i fantasmi che nessuno vorrebbe più rivivere...

Sezione: News / Data: Mer 05 agosto 2020 alle 18:30 / Fonte: La Città
Autore: TS Redazione
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