Dalla grande paura alla consapevolezza di potercela fare anche grazie ad una cura sperimentale ideata all’ospedale Pascale di Napoli. Un percorso lungo diversi mesi fatto di lacrime, sorrisi, emozioni e un unico, grande cavallo di battaglia: “La malattia è un’opportunità”. Davvero bella e suggestiva la storia di Serena Riviello, giovane salernitana molto apprezzata in città diventata una sorta di testimonial per la campagna contro il tumore al seno. Il calvario è iniziato poco più di un anno fa, quando nella fase di allattamento fu riscontrato un nodulo mammario che richiese subito accertamenti e approfondimenti diagnostici. Proprio a Salerno, però, una risonanza magnetica sbagliata e un approccio alla patologia piuttosto superficiale spinsero i medici a diagnosticare una forma curabile di mastite, una “sentenza” che non convinse i suoi più stretti familiari e che la spinse a recarsi direttamente a Milano nella patria di Veronesi e dell’oncologia. Il campanello d’allarme suonò subito, senza neanche il tempo di ambientarsi. Si trattava di un carcinoma duttale infiltrante, multifocale, piuttosto aggressivo e con un triplo positivo emerso dall’esame istologico. Una condanna a morte certa fino al 2015 prima dei grandissimi progressi della scienza che garantiscono, se preso in tempo e senza metastasi ad altri organi, una guarigione alla stragrande maggioranza delle persone. Dopo l’intervento di masectomia con annessa rimozione del tumore, Serena ha iniziato un percorso di cure a scopo preventivo. Questo tipo di cancro, anche nelle forme meno aggressive, può dar vita a recidive e metastasi a distanza soprattutto nei primi due anni ed è necessario mantenere alta la guardia e sottoporsi a tutte le analisi del caso. Dopo un breve ed intenso percorso in Basilicata, i primi contatti con il Pascale. Grazie all’equipe medica che la segue, sarà la prima nella storia ad effettuare un ciclo di terapie denominate “Herhome”. La loro caratteristica? Si fanno da casa, con l’ausilio di un oncologo e supportati psicologicamente dagli affetti più cari in un contesto domestico che consente di gestire al meglio anche la componente emotiva.
“La battaglia è ancora lunga” ha detto con un velo di commozione ai microfoni di TuttoSalernitana (Serena tra l'altro è simpatizzante granata e sogna un derby tutto campano in A tra Napoli e Salernitana) “la diagnosi di un tumore non fa mai piacere a nessuno e, paradossalmente, gli errori fatti su di noi hanno consentito alla scienza e alla medicina di evolversi e di migliorare il piano terapeutico e il percorso diagnostico”. Fino a poco tempo fa, infatti, la rimozione chirurgica era il primo step, seguiva la chemioterapia utile a individuare e sconfiggere anzitempo eventuali metastasi. Oggi, soprattutto in caso di neoplasia agli stadi iniziali, la strategia è cambiata: si effettua una chemioterapia neoadiuvante che previene le metastasi e ridimensiona la massa, dopo sei mesi si arriva all’intervento chirurgico (spesso con la ricostruzione totale del seno e senza danni estetici evidenti), infine si effettua un nuovo ciclo di chemio a scopo preventivo evitando che il paziente partorisca. In quel caso la tempesta ormonale potrebbe invalidare quanto fatto in precedenza. “Devo ringraziare il dottor De Laurentiis” prosegue Serena “è uno dei principali esperti del settore. E’ stato lui, insieme al suo staff, a propormi questa terapia domestica. Il loro obiettivo è duplice: curare gli ammalati riducendo al minimo le possibilità di recidiva e metastasi tardive a distanza e farci allontanare dal freddo ambiente ospedaliero. In casa c’è un clima diverso, abbiamo una serenità maggiore e siamo circondati dagli affetti più cari. Una volta tolto il tumore va detto che sono previste delle chemio più intelligenti e mirate perché gli anticorpi monoclonali individuano esclusivamente le cellule maligne salvaguardando le sane”. Anche gli effetti collaterali, dunque, risultano essere meno invalidanti e psicologicamente tollerabili.
Il messaggio finale è un misto di speranza e consapevolezza ed è stato rivolto a chi combatte la battaglia ogni giorno e a quelle persone anche giovani che si sentono invincibili: “E’ una cosa che può colpire chiunque, la prevenzione è fondamentale. Non conta l’età, anche la mia patologia è rara al di sotto di una certa soglia. Ho deciso di raccontare la mia storia in un libro, una sorta di corsa a tappe che parte dalla caduta e finisce alla rinascita. Si potrebbe chiamare “Io e il mio drago”, come la pagina facebook che ho creato:lascerò bianca l’ultima pagina perché ancora non so come finirà la partita. Al momento il tumore è stato sconfitto, ma guai ad abbassare la guardia. Un consiglio? Chiunque abbia avuto una diagnosi di neoplasia abbia il coraggio e la forza di chiamarla col suo nome. E’ un cancro, non dobbiamo vergognarci né darci per vinte. E’ un’opportunità da cogliere, finito il percorso sapremo apprezzare i veri valori della vita”. Un messaggio di forza ,speranza e grande dignità che sicuramente accompagnerà quelle persone anche molto giovani che convivono con la paura di non farcela, ma che presto avranno la consapevolezza che resterà solo un brutto ricordo. Un’occasione da cogliere, come insegna Serena. E siamo certi che la curva Sud festeggerà insieme a lei quando vincerà la partita più importante. "Magari insieme alla promozione in A della nostra Salernitana".
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