Chi pensa che l'allontanamento della tifoseria abbia radici recenti e scaturisca dalla sconfitta contro lo Spezia del 31 luglio scorso o dal famoso discorso sulla multiproprietà è completamente fuori strada. Leggendo i numeri al botteghino, possiamo notare che già dalla terza stagione di B targata Lotito-Mezzaroma ci sia stato un calo di presenze clamoroso per una piazza come Salerno. Sfatiamo subito il falso mito dei 20mila: altri tempi, altra mentalità e zero social. Oggi ci sono tante chiacchiere, ma lo zoccolo duro è ben individuabile e certo non trascorre le giornate sulle pagine facebook. Nel primo campionato cadetto, però, la tifoseria salernitana rispose in modo straordinari pur a cospetto di una squadra che certo non brillava e che, senza i problemi del Lanciano, rischiava seriamente di retrocedere. In 23mila bagnarono l'esordio con l'Avellino, 15-20mila persone invece per le gare contro Como, Modena e Vicenza senza dimenticare i 26mila paganti per la gara col Lanciano giocata dopo il 4-1 dell'andata. La stagione successiva si partì col botto: 20mila cuori granata per fermare la corazzata Verona. 10-12mila persone in media garantirono sostegno, punti e vicinanza, ben 15mila in occasione dei derby con Benevento e Avellino.
Da lì in poi un brusco calo, al punto che solo l'anno scorso col Benevento fu sfiorata quota 20mila. Per il resto diserzioni, curva vuota, una media spettatori quasi inferiore a quella della Lega Pro, un Salernitana-Frosinone valido per il primo posto con appena 5mila paganti e uno zoccolo duro che si è ridotto ai minimi termini come mai era accaduto nella storia. Nemmeno nel trentennio anonimo del Vestuti. Quanto accaduto il 19 giugno 2019, con 30mila persone in strada, cortei, convegni, manifestazioni, una città e una provincia interamente bardate di granata e la festa finale con le vecchie glorie conferma che la passione è sempre la stessa. Il problema è che la Salernitana, come realtà, continua a far battere il cuore ma la stragrande maggioranza della gente non si rispecchia in questa gestione societaria ritenuta fredda e scarsamente identitaria per il noto discorso della doppia proprietà. Siamo certi che, con le porte aperte, per Salernitana-Spezia difficilmente si sarebbe toccata la fatidica soglia dei 10mila. Un campanello d'allarme soprattutto in virtù delle nuove generazioni che, tra diserzioni, contestazioni e discussioni, rischiano di legarsi alle big della A e non al cavalluccio marino. Occorrerebbe un passo indietro a 360° ma soprattutto una riflessione intelligente.
Chiaramente oggi l'Arechi è chiuso per le note vicende legate al Covid, ma fa specie che non siano stati venduti nemmeno la metà dei 500 biglietti a disposizione per la sfida con l'Ascoli che, per 90 minuti, riaprì molto parzialmente i battenti al principe degli stadi. Ultras, club organizzati e provincia rimasero a casa e facciamo fatica ad indicare nel diluvio la motivazione principale. Anche a Sarnano non c'era nessuno, fatta eccezione per quattro irriducibili che osservavano il deserto sulle tribune quasi con le lacrime agli occhi. Nel mezzo striscioni, comunicati, un tutti contro tutti che ha favorito la "resurrezione" di personaggi scomparsi da tempo e che hanno propinato notizie di ogni genere - e totalmente false - pur di giocare con il malcontento popolare. Una trappola nella quale si è caduti troppo facilmente, ma che non deve spostare l'attenzione sulla reale entità del problema. Oggi il mercato, un tempo atteso con trepidazione e speranza, è commentato con rammarico e rassegnazione. Se arriva un calciatore bravo c'è la rassegnazione a perderlo in futuro perchè si teme andrà alla Lazio, se firma Durmisi (sulla carta, se in forma, un top per la categoria) c'è malumore perchè è un esubero biancoceleste. Prima di Empoli era obbligatorio dare un segnale, la missione è stata fallita. E immaginare, il primo febbraio, una frase tipo "In giro non c'era di meglio, il mister è soddisfatto della rosa a disposizione e abbiamo inserito gli elementi necessari" fa venire i brividi, soprattutto se non dovessero arrivare l'attaccante e il centrocampista di livello che servono come il pane.
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