Riceviamo e pubblichiamo:
Oggetto : art. 16 BIS NOIF – profili di incompatibilità con Statuto FIGC, con il Codice di Comportamento Sportivo CONI e codice etico FIGC
On.le Ministro,
Preg.mi Presidenti,
è a tutti nota la sussistenza del principio normativo di cui in oggetto, in seno alla FIGC, che pur nella sua primigenia formulazione, doveva intendersi quale norma attuativa dell’art. 7 co. 7 e co. 8 dello Statuto FIGC.
Ed invero è d’uopo rammentare a chi scrive, come a mente del richiamato disposto della Norma Fondamentale tuttora in vigore, sia fatto espresso divieto ( precisamente dal co.7) di compartecipazione in via diretta o indiretta in più società del settore professionistico, da parte del medesimo soggetto.
Di contro, e non da oggi, attraverso una serie di modifiche e deroghe, si è addivenuti ad un vero e proprio “stravolgimento ” della norma, che così come attualmente formulata da fonte di secondo livello e come tale attuativa delle richiamate disposizioni Statutarie, sembra invece atteggiarsi a postulato derogatore, invero in modo non del tutto esplicito.
Appare doveroso ai fini di rendere di una più organica esposizione, ricostruire brevemente l’intera vicenda, che parte dalla deliberazione del 22 giugno 2012, in cui il Consiglio Federale aveva deciso di “sospendere” l’applicazione del predetto art. 16/bis per la durata di sei mesi.
Come già evidenziato tale articolo vieta che uno stesso soggetto, suoi parenti o affini entro il IV grado, possano controllare, anche indirettamente, più di una società appartenente al settore professionistico, anche se di categorie diverse.
Successivamente , in data 9 luglio 2013, ovvero ben oltre i 6 mesi di deliberata sospensione, il Consiglio sostituì in particolare il comma 4 dell’art. 16 bis.
Da una primigenia formulazione in cui tale articolo espressamente prevedeva che “Non si dà luogo a sanzioni qualora il controllo derivi da successione mortis causa a titolo universale o particolare, o da altri fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati, purchè tali soggetti provvedano a darne comunicazione alla FIGC ed a porvi termine entro i 30 giorni successivi al verificarsi della stessa.”, la formulazione attuale così come all’esito della predetta modifica di contro statuisce che “Non si dà luogo alle sanzioni di cui al comma 3 ( ndr sanzioni per illecito, non iscrizione ai campionati, sospensione e revoca dei contributi federali), qualora il controllo derivi da successione mortis causa a titolo universale o particolare, o da altri fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati. Qualora sopravvengano, per i suddetti motivi, situazioni tali da determinare in capo al medesimo soggetto situazioni di controllo diretto o indiretto in società della medesima categoria, i soggetti interessati dovranno darne immediata comunicazione alla FIGC e porvi termine entro i 30 giorni successivi.”.
A prescindere dal rilevato, insanabile contrasto della disposizione in essere con lo Statuto federale che, come si è visto in precedenza, all’art. 7 , commi 7 e 8, I Parte, non ammette (né sembra concedere deroga ) in nessun caso gestioni o situazioni di controllo, diretto o indiretto, in società che militano nel settore professionistico, lascia fortemente perplessi e dubbiosi l’incidentale nella parte in cui si ritiene che la promozione di una società dal settore dilettantistico, o da un campionato professionistico come nel caso che si andrà ad illustrare, a quello professionistico superiore possa essere considerata un fatto non riconducibile alla volontà di chi di quella società aveva assunto e detiene il controllo.
Il paradosso logico, prima ancora che giuridico della disposizione in vigore da ben 7 anni è insito nella circostanza che, contrariamente ai principi su cui si basa il c.d. “agonismo programmatico”, altresì in contrasto con l’art. 1 co 7 del Codice Etico FIGC, si vorrebbe far credere che l’evento promozione, in caso di compartecipazione azionaria, in via diretta o indiretta, debba essere frutto di una “non volontà” del management societario …sic!
Dal generale al particolare: l’ Associazione che mi onoro presiedere ha come scopo anche la tutela della storia e tradizione di Salerno, con particolare riguardo all’inscindibile cordone che lega la nostra Città alla massima squadra calcistica, in cui ogni salernitano si immedesima e per cui trepida
E’fin troppo nota alle S.S.V.V Ecc.me come l’attuale compagine societaria che governa la amata Salernitana, sia in via indiretta ed in ogni caso per fatto notorio e comunque non contestato, riconducibile pro quota al proprietario della S.S. LAZIO ed ad un suo affine entro il secondo grado.
Ci si domanda e si porge pertanto all’attenzione delle S.S.V.V. se è tuttora compatibile con i retro estesi principi ordinamentali la partecipazione di un club al secondo campionato professionistico nazionale, in cui (cfr co. 4 art. 16 BIS), le persona fisiche che ne hanno indiretto controllo al fine di rendere compatibile e legittima tale detenzione, di fatto accettìno che un’eventuale vittoria del campionato (che pur dovrebbe essere corollario fisiologico o quantomeno ” res sperata ” per chi ambisce a partecipare ad un campionato Professionista), debba essere “derubricato” ad evento non riconducibile alla propria volontà
Ed ancora ci si domanda, confidando nella cortese attenzione e nel puntuale riscontro, se o meno possa ritenersi alterata l’equità competitiva nel costringere, in caso di approdo in massima serie , ovviamente per circostanze “non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati”, la forzosa cessione, in assenza di parametri e condizioni poste dalla norma, nello stringente e concretamente irrealizzabile termine di 30 giorni.
Appare evidente e lampante la distonia della disposizione in commento, con la compatibilità all’intero addentellato normativo federale.
In virtù delle considerazioni che precedono, si ritiene non più procrastinabile, anche alla luce delle annunciate riforme strutturali in ambito sportivo, un intervento normativo che o porti ad una completa liberalizzazione senza alcun limite di categoria e vincolo di cessione, ovvero e, sia consentito, in modo verosimilmente più compatibile con i principi ordinamentali, disponga il divieto della c.d. “multiproprietà”
Certo del riscontro alla presente, si ringrazia per l’attenzione mostrata, con i più deferenti ossequi
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