Dall’esordio in cadetteria come matricola e i play off schierati con Filippo Inzaghi, ad una stagione anonima e travagliata conclusa con la retrocessione ai play out. La squadra del presidente Joe Tacopina ha ben donde di reclamare per la gestione degli spareggi salvezza, essendo stata prima dichiarata salva e poi costretta a disputare la gara della vita con la Salernitana, nelle stesse condizioni dei lagunari. La retrocessione però è ancora più amara se si considera una stagione fallimentare che l’ha preceduta, un ottimo 1-2 conquistato all’Arechi e circa 80 minuti in superiorità numerica che non sono serviti a perforare la retroguardia di Menichini. Il Venezia ha visto la luce, in questa stagione, solo con Walter Zenga, che pure è stato esonerato. All’esordio, con Stefano Vecchi in panchina, vittoria sullo Spezia (1-0). Nelle successive cinque partite sono arrivati quattro ko e un pari (0-1 a Padova, 2-3 con il Benevento, 1-2 a Lecce, 0-1 a Perugia e solo un 1-1 contro l’allora derelitto Livorno). L’arrivo dell’Uomo Ragno, in sostituzione del predecessore che aveva racimolato quattro punti in sei gare, ha sicuramente giovato agli arancioneroverdi, capaci di ottenere otto risultati positivi nelle prime nove gare della nuova gestione. 1-1 contro il Verona, 1-1 a Palermo, blitz a Cremona (1-0), successo sulla Salernitana all’epoca terza (1-0), stop contro il Cittadella (2-3) prima dei punti preziosi con Brescia (vittoria 2-1), Foggia (1-1), Ascoli (1-0), Crotone (1-1). Il girone di ritorno, seppur in calo, si è chiuso con due sconfitte di misura al cospetto di Cosenza e Pescara (0-1) e con il pari interno contro il Carpi. Era chiaro, comunque, che l’esonero di Vecchi e l’ossigeno portato da Zenga lasciassero trasparire ambizioni di tranquillità per il Venezia, non preparato ad invischiarsi nella bagarre salvezza. E il cambio di tendenza con l’ex portiere della Nazionale si era avvertito. Il mercato di gennaio sembrava dover rinforzare ancor di più il collettivo, con l’arrivo tra gli altri di Bocalon. Ma alla ripresa la flessione è stata evidente, soprattutto sotto il profilo del gioco perché ad onor del vero molti risultati sono stati bugiardi. 1-1 a La Spezia, vittoria interna sul Padova (2-1) e poi un capitombolo a Benevento (0-3) rimediato nei minuti di recupero. Hanno fatto da prologo alla crisi che ha fatto saltare (forse prematuramente) Zenga. Il pareggio imposto al lanciatissimo Lecce (1-1), lo stop contro un rinato Livorno (0-1) e il doppio scivolone contro Perugia (2-3) e Verona (0-1) hanno infatti convinto la società al terzo avvicendamento stagionale nonostante i 22 punti messi in cassaforte in diciannove partite. È arrivato l’esperto di salvezze Serse Cosmi, ereditando una squadra ai margini dei play out. Chiamato all’ennesimo miracolo della sua carriera, l’ex allenatore del Trapani in undici match ha ottenuto sei pareggi (di cui quattro consecutivi al suo esordio contro Palermo, Cremonese, Salernitana e Cittadella, tutti per 1-1), tre sconfitte e appena due successi contro Carpi (3-2 in rimonta nell’ultimo turno) e Foggia (1-0). Dodici punti in undici gare che hanno assicurato i play out al 90esimo dell’ultima giornata e che hanno di fatto condannato il Venezia. Il post season surreale, con decisioni cambiate e allenamenti a singhiozzo, ha fatto il resto. Cosmi, da allenatore esperto quale è, ha cercato di attrarre l’opinione pubblica sul clima surreale degli spareggi. Una linea diversa da quella di Menichini, il quale ha optato per la protezione della squadra e l’estraneazione da discorsi e polemiche. La retrocessione è sicuramente amara da digerire per il Venezia in una stagione che doveva portare alla consacrazione in B, ma l’ultimo rigore sulla laguna – quello calciato da Di Tacchio – ha regalato solo alla Salernitana quei B…rividi di gioia.
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