Le emozioni più forti sono le vere peculiarità del calcio che, unanimemente viene definito lo sport più bello del mondo, e che, grazie alla sua irrazionalità e alla sua rigida legge di non dare nulla per scontato, diventa sempre più avvincente, del resto Matera e Catanzaro docent. Con ancora negli occhi il goal-beffa di Diop al 95°, la torcida granata ha seguito con trepidazione i propri beniamini nella difficile trasferta del “Ceravolo”, contro una squadra che tra le mura amiche diventa più ostica che mai e che annovera tra le proprie fila un certo monsieur Mounard, con il dente più che avvelenato, ed un Giandonato smanioso di dimostrare tutto il suo valore a chi non ha creduto in lui, ed entrambi pronti a dare volentieri un vendicativo dispiacere ai loro ex compagni di squadra, timori fugati al 94° al goal-vittoria dell’ex Carneade venuto da lontano. Come dire chi di “zona Cesarini ferisce” di “zona Cesarini perisce” con buona pace dei tanti avvoltoi che sorvolavano sinistramente sull’inerme cavalluccio e pronti a farne un sol boccone, evidentemente non avevano fatto i conti con un tal Cristea, che appena ha avuto la possibilità, ha presentato il suo notevole biglietto da visita con un assist per mandare in rete Negro ed una rete all’ulimo respiro, e…. scusate se è poco.
Una puntualizzazione, però, va fatta subito e senza mezzi termini, il rumeno non va assolutamente caricato di eccessive responsabilità e non va considerato, ipse facto, la panacea granata ed il vero salvatore della patria, va, invece, lasciato in pace e fatto giocare come sa, anzi va maggiormente aiutato nel suo definitivo inserimento, non solo calcistico, con la città, con la speranza che “se son rose fioriranno”. Un approfondimento che si rispetti non può esimersi dal non parlare di formazione e tattica, o meglio ancora come il tecnico abbia inciso in modo positivo, come in questo caso, o negativo, vedi Matera, sul risultato finale, ebbene Menichini esce a testa alta dal vetusto “Ceravolo”, magari rimpiangendo di non aver fatto la stessa cosa in tante altre occasioni. Ma come spesso avviene nella vita e di conseguenza anche nel calcio, quando le cose vanno bene tutti salgono sul carro del vincitore all’unisono urlo di “viva il re”, purtroppo non è così che va letta una partita di calcio e si “dà a Cesare quello che è di Cesare” ovvero elogi e critiche, purché costruttive, a secondo dei casi, e se così non fosse si cadrebbe nel faziosismo più abietto. Quelli che contano, alla fine, sono i fatti e la cosa più bella è vedere la classifica generale e deliziarsi gli occhi nel vedere la Salernitana guardare tutti “dall’alto in basso” forte di una premiership che il 10 maggio potrebbe fare andare in visibilio un’intera provincia, ormai stanca di un calcio che non sia a dimensione del blasone, perché se “noblesse oblige” allora la Salernitana va posta laddove le compete, ovvero nell’èlite del calcio, o no?
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