Si fa presto a dire che bisogna allestire da subito uno squadrone per tornare in serie A. Frasi fatte, retoriche, dettate dal sentimento, che rischiano di distogliere l'attenzione da una realtà quanto mai triste e che va fotografata con precisione da ogni componente per risolvere i problemi prima che gli ostacoli diventino insormontabili. Fa male dirlo, ma in gioco c'è il futuro della Salernitana. Non la categoria. Perchè la retrocessione in B è un bagno di sangue, soprattutto dal punto di vista finanziario. Chi vuol bene ai colori granata ha l'obbligo di rimarcare sin da subito che le legittime aspirazioni dei tifosi debbano purtroppo andare di pari passo con le volontà di Iervolino, con la scarsa chiarezza dei suoi collaboratori e con una prospettiva futura che si preannuncia diametralmente opposta rispetto a quanto la società aveva lasciato capire nei mesi scorsi, con una serie di promesse del tutto disattese e un ridimensionamento in atto che suscita perplessità. Intendiamoci: anche noi, ragionando da appassionati e con il cuore, riteniamo che "in A è stata presa e in A deve tornare". Perchè nulla giustifica un tale calo d'entusiasmo dopo aver parlato di Cavani, zona sinistra, "mai più ultimi" e Conference League.
Oggi ci sarebbe l'obbligo morale, da parte del presidente, di uscire allo scoperto, di chiedere scusa alla piazza, di ricucire lo strappo con la curva, di programmare da subito un futuro roseo, eventualmente di cederla al prezzo d'acquisto e con la consapevolezza che il compratore dovrà sborsare cifre importantissime, frutto di una gestione sbagliata e, in più, senza gli introiti garantiti dalla A. Noi, però, facciamo i giornalisti e, nel rispetto della gente, dobbiamo provare a raccontare i fatti ipotizzando tutti gli scenari possibili facendo suonare - a fin di bene - quel campanello d'allarme che fu assordante già in estate prima che il partito dell' "andate a mare" infangasse stupidamente ogni critica costruttiva. La domanda di fondo è sempre la stessa: quanto vale, oggi, la Salernitana in B, con un monte ingaggi spaventoso, un ambiente disunito, il rischio di non giocare per due anni all'Arechi, diritti tv inesistenti e un organico da rivoluzionare? Si parla di un prezzo di partenza che si aggirerebbe intorno ai 40-50 milioni di euro. Fosse così, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. Aliberti, in una recente intervista, è stato quanto mai esplicito: "Quale pazzo prenderebbe oggi una società retrocessa, che certo non trae alcun vantaggio dal famoso paracadute, con stipendi improponibili in B e altri 50 milioni di euro da mettere sul tavolo tra direttore sportivo, allenatore e calciatori per affrontare la stagione?". Ci sarebbe un solo modo per rendere la strada meno ripida e tortuosa: individuare da subito un dirigente d'esperienza, di spessore e con gli agganci giusti rendendolo immediatamente operativo e che parli singolarmente con i tanti calciatori in esubero prospettando un'uscita di scena quanto più indolore possibile per le tasche del club.
Altrimenti sarà dura, trascinandosi fino a giugno, trovare acquirenti per i vari Simy, Ikwuemesi, Bonazzoli, Sepe, Pirola, Bradaric, Sambia, Pasalidis, Coulibaly, Dia, Legowski, Maggiore e lo stesso Candreva. Uno che guadagna 3,5 milioni lordi che, in relazione all'età, sarebbero spropositati anche in A. Aver ritardato ogni decisione conferma però che, di fondo, c'è la volontà di disimpegnarsi. Ed è già una sconfitta dover parlare di cessione, acquirenti, cordate, fondi e due diligence due anni dopo l'approdo di Iervolino che sembrava panacea di tutti i mali. Comunque vada a finire c'è da essere tristi e preoccupati. E, ahinoi, si fa fatica a immaginare che la proprietà ritrovi entusiasmo e motivazioni all'improvviso tali da allestire una rosa forte, che punti al ritorno in A. Sic stantibus rebus, sarebbe più opportuno partire a fari spenti guardandosi anzitutto alle spalle. Felici di essere smentiti, chiaramente. E c'è solo una persona al mondo che può farlo.
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