“Sindrome respiratoria acuta e severa, iniziata soprattutto in Cina a partire dal novembre del 2002. Ci furono 8000 contagi e il 10% di vittime, ma ad aprile si registrò un progressivo miglioramento che indusse ad accantonare la problematica. Nel 2012, tuttavia, in una zona geografica completamente diversa abbiamo avuto qualche focolaio con la differenza che ci fu una diffusione maggiore stile macchia di leopardo. Era la seconda volta, dunque, che colpiva una popolazione, ma anche in questo caso la situazione era tornata ad una sorta di normalità. Non si è data ulteriore importanza al virus, fino a quando non ci hanno comunicato pochi mesi fa che si stava andando incontro ad una epidemia polmonare atipica”. Così il virologo Giulio Tarro ai microfoni di TuttoSalernitana.
Molto apprezzato dagli italiani per la sua capacità di fare chiarezza senza dispensare allarmismo, il dottore ha proseguito con una serie di importanti chiarimenti: “L’epidemia si è diffusa con molta rapidità, al punto che ha riguardato e riguarda tutti e cinque i continenti. Cosa si può fare? Ovviamente si dà per scontato che un vaccino possa essere risolutivo, ma generalmente il Coronavirus patisce il caldo. A giugno vedremo cosa accadrà: è vero che nelle zone africane ci sono stati focolai di contagio, ma è una situazione molto più contenuta e sotto controllo rispetto ad altri paesi. Mi sembra che al Sud Italia e con l’aumento delle temperature il virus stia perdendo forza, i dati parlano di una discesa continua e progressiva. In Cina ed in Corea del Sud si sta tornando alla normalità, eppure sembrava un qualcosa di insormontabile. Io mi concentrerei sulla terapia e su un altro dato: in Italia c’è un tasso di mortalità più elevato rispetto ad altri paesi, evidentemente c’è qualcosa che non va”.
Importante anche il tema del vaccino: “Negli anni ci sono stati tanti tipi di Coronavirus, questo è il terzo e può essere definito maligno perché ci sono tanti casi mortali. Spesso legati all’esistenza di altre patologie di base. Un vaccino deve prevenire, non curare, quindi eventualmente andava sperimentato prima. E’ un virus che cambia nel tempo , è un elemento di riflessione nel mondo della medicina e della scienza. C'è comunque un po' di confusione. Ora che l’Italia è diventata produttrice di mascherine ci dicono che sono obbligatorie, prima latitavano e ci hanno detto che dovevano indossarle solo i malati per non contagiare altre persone”. “Si pensa sempre alla polmonite interstiziale e non alla tromboembolia che, soprattutto a Bergamo, sembra abbia causato tanti problemi. Ci sono farmaci normali come eparina e cortisone che potevano prevenire tante cose, in passato alcuni paesi hanno utilizzato gli anticorpi delle persone che erano guarite per aiutare chi rischiava di morire. Secondo me è una strada percorribile anche ora individuando i casi più severi, c’è una prospettiva di avere effetti positivi addirittura entro 24-48 ore”.
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