Drazen Bolic: il nome sembra quello di un antico condottiero del freddo Nord, ma al telefono gli basta poco per sciogliersi: “A Salerno dovete essere contenti. Godetevi tutta questa stagione in Serie A, siate felici”. Bolic ha vestito la maglia della Salernitana dal 1998 al 2001, vivendo quindi l’altalena tra la Serie B e la A. Si è ritirato nel 2010, a Lanciano, a quasi 40 anni: non male per un difensore. Oggi, nella sua Serbia, sta terminando gli studi per diventare allenatore (ha già avuto esperienze, oggi è vice al Metalac in massima serie serba), quindi la provocazione è d’obbligo.
Drazen Bolic: ci racconti un po’ come si è sviluppata la sua carriera da quando ha lasciato Salerno e l’Italia.
“Dopo Salerno ho giocato ad Ancona, Vicenza e infine Lanciano. Dopo aver appeso le scarpette ho iniziato la carriera da allenatore nel posto in cui sono cresciuto calcisticamente, il Partizan. Da lì, dopo aver preso i primi patentini per allenare, ho cominciato a lavorare con le formazioni giovanili. Qui mi sono legato professionalmente a Ivan Tomic, l’ex Roma. Con lui ho avuto anche qualche esperienza nelle nostre Nazionali minori. Fino ad arrivare al Metalac, dove mi avete pescato (ride). Con i patentini che ho maturato al momento non potrei ancora allenare nella vostra Serie A: mi manca ancora il Master. È un po’ difficile prenderlo da noi: per tre volte non sono riuscito a superare il concorso. Ma qui è diverso, la carriera pesa poco: contano più le “conoscenze” che hai. Un paradosso: in Italia avrei fatto meno fatica ad ottenerlo”.
Le piacerebbe, un domani, allenare la Salernitana? Serie A o B che sia.
“L’allenatore che seguo oggi è anche un mio grande amico, parla molto bene l’italiano e venire in Italia ad allenare è un obiettivo che si è prefissato. Un giorno magari verremo ad allenare da voi: ovviamente nessuno potrebbe essere più felice di me di tornare a Salerno, a lavorare con la Salernitana. È stato il mio primo contatto con la Serie A, non dimenticherò mai il modo in cui quella tifoseria viveva il calcio. Mi sono trovato benissimo sia come giocatore che come cittadino”.
Per lei quelli sono stati anni certamente movimentati: un momento che ricorda in particolare?
“Sono stati anni caratterizzati da alti e bassi. Dopo la retrocessione speravamo subito di poter tornare in massima serie. Ovviamente i miei ricordi più belli sono tutti legati a quella stagione in A, ero in un grande momento e mi trovavo anche nel giro della Nazionale. Ricordo tutto: i sacrifici, le difficoltà, ma anche quei trionfi contro Juventus, Inter, Roma”.
Non so se lei lo sa, ma prima di quest’anno era l’ottavo colpo di mercato più oneroso della storia della Salernitana. Quest’anno sono arrivati tanti nuovi acquisti: come mai stanno trovando difficoltà ad amalgamarsi? Vedere Simy…
“Davvero sono così in alto? Spero che ne sia valsa la pena (ride). Sinceramente non lo so, non conosco abbastanza bene questi nuovi giocatori. Non credo ci sia stato il tempo sufficiente per mettere in piedi una squadra completa, conosco bene però le difficoltà a livello proprietario. Poi, ora come ora, per una squadra che viene dalla B è molto difficile fare bene: c’è un distacco enorme con le altre squadre, non è più come prima”.
Lei che quindi conosce bene il calcio serbo, ha un nome da consigliare alla Salernitana? Magari una giovane promessa.
“Dico subito Vlahovic – scherza – devono prenderlo! Così senza pensarci mi viene in mente Strahinja Pavlović, difensore 2001 che sta trovando pochissimo spazio al Monaco in Francia. Molto forte, sarebbe un grande acquisto in difesa. In Serbia ce ne sono tanti di giovani prospetti interessanti”.
Autore: Ferdinando Gagliotti / Twitter: @Ferdinandogagl3
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