Domenica prossima la Salernitana compirà 103 anni e, nel corso della sua gloriosa storia, ci sono stati tantissimi calciatori che hanno meritato l'affetto, la stima e il rispetto della tifoseria non solo per le doti tecniche, ma anche e soprattutto per quelle umane. Nel 1997-98, la stagione della promozione in massima serie dopo 50 anni, il pubblico di fede granata ebbe modo di innamorarsi di Francesco Galeoto, titolare quasi inamovibile che ricopriva un ruolo fondamentale anche all'interno dello spogliatoio. A distanza di tanto tempo, il difensore siciliano è rimasto legatissimo alla piazza, al punto da seguire in modalità ultras gli ultimi tesissimi minuti della sfida tra Venezia e Cagliari. La redazione di TuttoSalernitana ha avuto il piacere di contattarlo telefonicamente per una lunga chiacchierata, intervista che però si apre con un piccolo sfogo: "Sono felicissimo di aver indossato la maglia granata, mi sento parte della storia e vincere lì ha un sapore diverso. E' una gioia che auguro a tutti i calciatori. Dispiace molto, però, non essere stato invitato per la partita celebrativa del 19 giugno. So che i tifosi non hanno colpa e che a Salerno mi vogliono bene, ma mi chiedo come ci si possa dimenticare di un professionista che è sceso in campo 36 volte nella stagione 1997-98 che sancì il ritorno in serie A a suon di record. Mi piacerebbe poter capire i motivi, tutto qui. Ciò non cancella il mio sentimento sincero nei confronti della maglia granata".
Arrivasse un invito in extremis, riuscirebbe ad essere a Salerno domenica prossima?
"Non so, ma dico solo che non si può trattare di una dimenticanza. E' come se, con le dovute proporzioni, la Juventus non invitasse Del Piero o altri calciatori che hanno vinto i campionati. Credo che alle nuove generazioni possa far piacere conoscere i calciatori che segnarono un'epoca meravigliosa, forse irripetibile. E' andata così, vi confesso che ci sono rimasto malissimo. In Sicilia c'è un gruppo di ex granata ben definito, io ne faccio parte ma stavolta non mi hanno chiamato. Fui presente nel giorno dell'addio al calcio di Claudio Grimaudo, quando entrò in campo con un cavallo. Anni dopo tornai per un'altra manifestazione. Pazienza, va bene così. Custodisco nel cuore l'affetto dei salernitani, non può essere un mancato invito che ritenevo doveroso a intaccare il mio rapporto con la vostra città".
E' comunque una emozione, per lei, festeggiare a distanza questi 103 anni...
"Non si può descrivere a parole, è una gioia immensa. Proprio per questo ci tenevo ad esserci. Non ho nulla contro nessuno, so che ci vogliono tanti sacrifici per organizzare eventi del genere. Ma meritavo una telefonata, tutto qui. Anche perchè, con tutto il rispetto, ci saranno giocatori rispettabilissimi, ma che non hanno scritto pagine di storia paragonabili alla nostra. Io, Tedesco, Balli e Breda fummo i sempre presenti della Salernitana di Delio Rossi, trascinatori dentro e fuori il rettangolo verde. Festeggerò a distanza, fa nulla".
Che ricordi ha di quella stagione?
"O finiamo primi o finiamo ultimi: fu questa la prima frase che ci disse Delio Rossi il primo giorno di ritiro. Eravamo partiti per salvarci, vincemmo il campionato con due mesi d'anticipo. Dal punto di vista tecnico non c'era storia: correvamo il triplo degli altri, in ogni gara costruivamo una quindicina di occasioni da gol e, anche nelle rare sconfitte, si vedeva una Salernitana di alto livello. In casa eravamo una macchina da guerra: vittoria sul Torino, contro il Genoa, 4-1 sul Monza, 2-0 al Perugia, 5-1 al Pescara. Bellissimo. Ma sin dall'esordio col Verona capimmo che era il nostro anno: 2-0 per noi, poteva finire in goleada. Uno spettacolo".
E poi...che gruppo straordinario...
"Vero. Potrei stare qui a parlare di ogni singola partita, invece quello che porto nel cuore sono i rapporti umani che coltivo tuttora con qualcuno. C'è un'amicizia fraterna con un grande uomo come Alessandro Del Grosso, tanto per fare un esempio. Tornando a quegli anni, ricordo che il lunedì andavamo a giocare a bowling ed erano quelle occasioni per cementare il gruppo. E poi la pizza del giovedì, il sabato allo Scuorzo, il mio ruolo di leader all'interno dello spogliatoio. Sapevo alternare bastone e carota: scherzi di ogni genere, risate e divertimento. Ma nei momenti topici, per il bene della Salernitana, si alzava anche la voce. Solitamente in un gruppo c'è sempre qualcuno con cui leghi di meno o che ti è antipatico, in quel caso no. C'era un sentimento profondo che ci accomunava, il senso d'appartenenza della gente faceva la differenza anche in campo".
La svolta ci fu a Reggio Emilia: 1-0 per la Salernitana, gol di Galeoto...
"Avevamo perso in casa col Chievo una partita che meritavamo di vincere, quella trasferta era particolarmente difficile. Promisi di rasarmi a zero i capelli dopo il primo ko all'Arechi, evidentemente il taglio "alla Artistico" portò bene. Sbloccai lo 0-0 a inizio secondo tempo su assist di Rachini, non capita tutti i giorni che un difensore decida uno scontro diretto di vitale importanza. Soddisfazione enorme, che custodisco dentro di me con smisurato orgoglio. Ma quella Salernitana era forte: Balli, i fratelli Tedesco, Breda, Del Grosso. Facevamo lo stesso ruolo, ma c'era un rispetto enorme: chiunque giocava si sentiva obbligato a dare il massimo per rispetto di chi era in panchina e valeva altrettanto. Ho avuto la fortuna di vincere altri campionati nella mia carriera, a Treviso come a Crotone. Ma Salerno è Salerno".
Alle spalle avevate una tifoseria fantastica...
"Vero, più del dodicesimo uomo in campo. Correvamo tanto di nostro, ma con quella spinta sembrava di volare. Non è retorica dire che Salerno, quando vuole, ti fa vincere le partite. Noi le preparavamo e giocavamo al calcio, loro buttavano il pallone in porta. Festeggiammo quella promozione per due mesi, ma Salerno fu immensa quando decise di rinviare tutto in segno di rispetto per le vittime dell'alluvione".
Da ex ha sempre ricevuto una bella accoglienza, possiamo chiarire che non accadde nulla in quel Salernitana-Crotone in cui giocava tra le fila dei calabresi?
"Assolutamente, cose di campo. La Salernitana vinceva nettamente, 4-0 a inizio secondo tempo. Dissi ai miei calciatori di restare tranquilli e non farsi prendere dal nervosismo, qualcuno dall'altra parte interpretò male le mie parole e ci fu un attimo di tensione. Tutto finito, però. So che Salerno mi vuole bene, l'amore è assolutamente reciproco".
Come mai non rimase in A la stagione successiva?
"Partimmo col botto! La Roma di Zeman, il Milan futuro campione d'Italia, trasferta a Udine e poi l'Empoli. Poi parlai con Delio Rossi, avrei trovato poco spazio e andai altrove. A Pescara sfiorai un'altra promozione, perdemmo la A al 90' con un rigore sbagliato. Salì la Reggina. Certo, restare in granata sarebbe stato bello".
Segue ancora la Salernitana?
"Sempre. Vi dico che ho sofferto tanto nell'ultima giornata. Il 22 maggio è iniziato con Salernitana-Udinese e finito con Venezia-Cagliari. Che sofferenza e...che gioia".
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