Dall'Inghilterra all'Italia per riabbracciare i suoi cari. Nicola Salerno, ex diesse granata, lavora per il Watford dei Pozzo, ma ha la sua famiglia è a Trieste e allora, prima della chiusura totale, ha preso il primo volo per tornare a casa.
Come sta vivendo questa situazione?
"Sono rientrato a Trieste per stare vicino alla mia famiglia e ora sono in quarantena. Qui non si può uscire di casa, lo fa solo mia moglie, che ha il permesso, quando c'è bisogno di fare la spesa. Per il resto è praticamente vietato uscire, del resto questo maledetto virus sta mietendo tantissime vittime in tutto il mondo e non bisogna servirgli alcun tipo di assist".
In Inghilterra il coronavirus sulle prime era stato sottovalutato.
"Sì, è così. Si faceva tutto normalmente, poi anche lì la situazione è diventata seria, per non dire grave, e hanno preso le misure del caso".
Com'è stato il viaggio?
"Un incubo. Sono atterrato a Roma, ma la sera non c'erano treni per Bologna. A quel punto, ho dovuto cercare un albergo e non è stato facile. Il giorno dopo ho preso il treno per Bologna ed è stato terribile arrivare lì e trovare una città, che ricordavo sempre brulicante di vita, vuota, deserta, spenta. Non c'era nessuno e avevano anche soppresso tutti i treni per il Nord. Per tornare a Trieste ho preso il taxi".
È preoccupato?
"No, ma sono realista: questo virus uccide le persone, abbiamo visto tutti le immagini provenienti da Bergamo, dove i camion militari portavano via decine di bare, e questo ci fa capire che si rischia tanto. Perciò, bisogna stare in casa e aspettare che passi".
È stato sbagliato qualcosa all'inizio, secondo lei?
"Non lo so se il pericolo sia stato sottovalutato, però posso dire che io mi sono trovato a Bergamo nei giorni del deragliamento del treno e della partita di Champions tra Atalanta e Valencia. Ero lì per parlare con degli operatori di mercato e tutti facevamo le cose di sempre: strette di mano, abbracci, cene al ristorante a Bergamo Alta, insomma la vita di sempre. Eppure, in quei giorni nell'aria avvertivo che c'era qualcosa che non quadrava. Io stesso ebbi un forte raffreddore che curai con le medicine".
Ora tutti si chiedono quando si potrà tornare alla normalità.
"Difficile dirlo. Per me bisognerà aspettare ancora un po' di tempo. Quanto non lo so, ma certamente non si tratta di qualche settimana. C'è in ballo la vita di tutti, le persone muoiono a migliaia ovunque e la priorità è la salute".
E il calcio come farà?
"Il calcio ora passa in secondo piano, ci mancherebbe. Riprendere a maggio? La vedo difficile e poi si giocherebbe a porte chiuse. Tanto vale giocarsela a dadi. Per me non si deve avere fretta. Ora bisogna tutelare la salute, la vita. Tanta gente sta morendo, il pallone in questo momento non è la cosa principale".
Eppure in Inghilterra ci hanno messo un po' prima di fermarsi.
"Sì e penso che anche lì dovranno prendere atto del fatto che riprendere sia molto difficile prima di qualche mese".
Per la verità, da quelle parti i campionati minori sono proseguiti anche dopo lo stop dei professionisti.
"È stata una cosa surreale, strana, come lo è stato aver fatto disputare la gara tra Liverpool e Atletico con tantissima gente allo stadio. In futuro, non so per quanto, saremo sicuramente condizionati da ciò che stiamo vivendo. Come si può immaginare che si giochi con tante persone sugli spalti, finché il virus non sarà stato del tutto sconfitto? Ora è dura, ma dobbiamo pensare prima di tutto alla salute, che è un bene primario. Il resto verrà dopo".
In Italia si sono fermati, ma ora si pensa a come ripartire.
"Vale il discorso fatto prima. Ora, per me, è il momento sbagliato per pensare a questo. Deciderà chi di dovere, però".
Cosa vuole dire ai tifosi salernitani?
"Li saluto e li abbraccio con grande piacere, sebbene a distanza. Salerno è una delle tre piazze, tra quelle in cui sono stato, che mi hanno lasciato dentro qualcosa di speciale. Sono rimasto molto legato alla città e ai tifosi. Quella stagione così travagliata e così intensa resterà per sempre nel mio cuore".
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