Da rivali ad alleati. Dal fiume di polemiche per una telefonata registrata e mandata in pasto all’opinione pubblica, all’unità di intenti per provare a risollevare le sorti dell’ippocampo. Claudio Lotito e Fabrizio Castori, storia d’un matrimonio che in pochi avrebbero anche solo ipotizzato fino a qualche stagione fa, quando il patron di Lazio e Salernitana, conversando con l’allora dg dell’Ischia, Pino Iodice, si fece scappare diverse frasi poco felici sul Carpi, in piena lotta per la serie A e allenata dal nuovo tecnico granata. Questioni di diritti televisivi, di scarso appeal, a detta dell’imprenditore capitolino, per un discorso di mercato che alcune piazze avrebbero reso poco appetibile, tra tutte proprio la formazione emiliana, capace di scrivere una delle ultime favole più romantiche del calcio italiano, riuscendo a salire dalla D alla serie A in appena sei stagioni. Oltre al Carpi, nel mirino di Lotito c’erano anche Frosinone e Latina, «squadre che non valgono nulla», «che non sanno manco che esistono», e che poco interesse avrebbe suscitato ai fruitori delle pay-tv. «Chi li compra i diritti?». Inevitabile il polverone mediatico, dal febbraio del 2015 e fino alla cavalcata della banda di Castori che, ironia della sorte, stravinse il campionato con quattro turni d’anticipo, entrando di diritto nella storia in coppia con il Frosinone.
Nel mezzo un fiume di polemiche che i chiarimenti di Lotito non riuscirono a smorzare, a partire dal «discorso fatto per salvaguardare il sistema» e fino alla «necessità di ridurre il numero di partecipanti da 20 a 18 del campionato di serie A». “Je suis Carpi”, sulla scia di “Je suis Paris” utilizzata purtroppo a margine di una faccenda decisamente più tragica, divenne il tormentone di quei mesi, slogan usato peraltro non solo dalla formazione emiliana, quanto anche da altre società solidali, come ad esempio la Pro Vercelli, che si dichiarò con un comunicato la prima tifosa in quella giornata della truppa allenata dal nuovo tecnico della Salernitana, e guidata dalle magie e dalle reti di Inglese, Lasagna e Mbakogu. Tra i primi a complimentarsi con Castori, diventato simbolo del calcio di provincia mosso dalla passione e pronto a fronteggiare un sistema basato su pay-tv, incassi, e bacini d’utenza cui tener conto, furono i tifosi del Cesena, piazza dove il tecnico marchigiano ancora oggi è considerato un idolo, in virtù soprattutto di una storica promozione in serie B conquistata in coppia con la Coppa Italia di C, oltre a una promozione in A sfiorata e alcune salvezze difficili portate in porto. "Per un calcio più pulito più Castori meno Lotito", recitava il drappo affisso all’esterno del Dino Manuzzi dagli ultras romagnoli, accompagnato da un volantino distribuito dagli stessi supporters per diffondere la soddisfazione per il successo del nuovo trainer granata, che invece chiamato in prima persona a commentare l’accaduto, una volta centrata la promozione, preferì glissare sull’argomento, salvo ribadire che nel calcio «la passione può contare più dei soldi, e senza la prima non si va da nessuna parte». E avrà fatto leva proprio sulla sua di passione, cinque anni più tardi, Claudio Lotito, scegliendo l’uomo delle sfide impossibili per provare a risollevare le sorti della Salernitana. Con un passato da archiviare, come anche il gesto di “protesta” fatto da un furioso Castori lo scorso febbraio al termine di Salernitana-Trapani 1-0, e un futuro da provare a riscrivere, dopo una prima avventura in granata tutt’altro che indimenticabile.
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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