E alla fine Iervolino ha parlato. Non in conferenza stampa in presenza di tutti i cronisti locali, non in una riunione pubblica invocata da buona parte della tifoseria organizzata. Finalmente, però, abbiamo potuto conoscere direttamente dalla voce del patron quali possano essere gli scenari dell'immediato futuro. Perchè, allo stato attuale, non è la retrocessione ad inquietare la piazza quanto la paura di un totale ridimensionamento o, addirittura, di un disimpegno totale. Sotto questo aspetto, Iervolino ha confermato quanto vi abbiamo raccontato nei giorni scorsi: la società non è in vendita, ma ci si siederebbe volentieri attorno a un tavolo in presenza di offerte concrete da parte di imprenditori seriamente intenzionati a fare il bene della Salernitana e non a caccia del titolo sui giornali per farsi un po' di pubblicità. Ahinoi, sembra di essere tornati all'epoca del trust e sentir parlare, dopo due anni, nuovamente di cordate, fondi, atti notarili e due diligence fa venire un po' di orticaria. Anche perchè, non più tardi di 12 mesi fa, la stessa proprietà prometteva zona sinistra, centro sportivo, grande settore giovanile, investimenti stellari, calciatori di primo livello e una Salernitana "mai più ultima" e destinata ad essere l'Atalanta del Sud.
Cosa può aver trasformato un imprenditore di successo profondamente innamorato della tifoseria e della squadra in un presidente più distante, al quale non brillano gli occhi quando parla della maglia granata? Intendiamoci: ci sta che un uomo abituato a vincere e a fare grandi cose possa risentirsi rispetto allo striscione critico, al coro polemico e alle frasi dei social che diventano poi intollerabili quando si scade nell'offesa dietro un nickname. I classici leoni da tastiera che sono tra i mali della Salernitana. Tuttavia Iervolino deve mettersi anche nei panni di una tifoseria tornata in A al termine di una cavalcata trionfale e forse unica nella storia (com'erano cattivi quei romani, eh?) e che, dopo aver temuto la cancellazione e un terzo fallimento, sentiva parlare di Cavani, Diego Costa, Europa League e settimo posto. Ancor di più dopo la salvezza al cardiopalma del 22 maggio del 2022 e quella successiva, con Sousa nuovo Profeta e una Salernitana in grado di mettere sotto tutte le grandi della A, rinviando la festa scudetto del Napoli in un pomeriggio che resterà a lungo nel cuore e nella mente. E che, da quelle parti, non digeriranno mai. In un amen è cambiato tutto, riascoltando le dichiarazioni fatte nel giorno della presentazione sembra passata una vita. Può la questione politica giustificare questo dietrofront? In fondo determinate problematiche si trascinano da anni e pensare di trovare porte spalancate dopo un anno e mezzo di gestione appariva un azzardo. Se mettessimo sul piatto della bilancia le ragioni dell'una e dell'altra parte, potremmo dire che c'è la sensazione che lo strappo sia più facilmente sanabile rispetto a quello che sembra.
Da un lato c'è un presidente ferito, ma che ha orgoglio da vendere e certo non vuole svendere quella "creatura" che ha salvato a suon di investimento. Dall'altro un pubblico che soffre per il salto all'indietro di categoria, ma che è tanto arrabbiato proprio perchè gli riconosce potenzialità superiori ai suoi predecessori. Si era alzata troppo l'asticella con promesse roboanti? Può darsi! Si è sottovalutata l'inesperienza in un mondo complesso come quello del calcio che fa azienda a parte ed è dominato da logiche particolari? Evidentemente sì. Resta, però, il fatto che un presidente facoltoso e una tifoseria che spinge così tanto può essere ancora binomio vincente, a patto che da oggi si progetti un grande futuro. Se poi arriverà un imprenditore più bravo di Iervolino, ben venga. Imparando, però, a giudicare i fatti evitando l'osanna - o la critica -a prescindere. E magari, a mente fredda, si riconoscerà anche qualche alibi al presidente. Il primo responsabile, come sempre accade, ma uno che ha pagato anche gli orrori dei direttori sportivi. De Sanctis, in estate, ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare spendendo cifre enormi per una difesa scarsa. Sabatini, incomprensibilmente ritenuto intoccabile da parte della piazza, ha speso male 6,5 milioni di euro per gente fuori forma, sul viale del tramonto, riserva in B o proveniente da campionati minori. Con la ciliegina sulla torta costituita da Fabio Liverani. A giugno sia tabula rasa, affidandosi a uomini di calcio e provando a mettere a posto i conti per condurre un mercato da protagonisti. In fondo, con Gyomber, Candreva, Costil, Pierozzi, Kastanos e un Bonazzoli motivato, si può puntare al grande salto pure con un'ossatura formata da giovani affamati. Da un grande caduta può nascere una straordinaria risalita. C'è tempo, ci sarà la voglia?
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